03 maggio 2012

Così non ci piace, vol. 2

Qualcuno ha detto che la nostalgia è solo un'affascinante bugiarda.
Ricevuto. Cercherò di non lasciarmi prendere la mano.

Accantoniamo subito i luoghi comuni tipo “qui un tempo era tutta campagna”. Nel mio ricordo, al centro di quel luogo, c'era una spianata in cemento, dipinta di verde, con due tralicci a sorreggere i canestri, delimitata su due lati da tribune in ferro zincato e sugli altri da una recinzione di rete metallica. Al di qua della rete, un piazzale sterrato, racchiuso sua volta da un muro di recinzione.

In questa poco attraente collocazione, all'angolo fra via Mazzini e via Lo Frasso, si celebrava (ed è andato avanti per diversi lustri) fino agli anni '90 il torneo aziendale di basket intitolato a Cesare Piras.

Nell'Alghero disinvolta e un po' campanilista di venticinque anni fa, il torneo in questione era, soprattutto fra i giovani, l'evento più seguito dell'estate. Si giocava alla sera, con un calendario che durava forse un paio di settimane, ma a noi spettatori/studenti sembrava eterno, come le vacanze estive. Sulle maglie dei giocatori, i nomi di aziende locali: concessionarie d'auto, alberghi, negozi di abbigliamento, ma molti degli atleti provenivano da formazioni di serie A, come la Acentro-Cagliari.

Ancora più suggestivo: questi marziani giocavano fianco a fianco con pur bravi cestisti algheresi come Giuseppe e Luca Pirisi, o il giovanissimo Emiliano Piras. Fra le ragioni di tanto successo c'erano – penso – lo sport in sé, che è sempre un buon attrattore, specie dal vivo, i prezzi abbordabili dei biglietti e, non ultima, la collocazione centralissima dell'impianto sportivo, raggiungibile a piedi da qualunque parte della città, in pochi minuti.

Di iniziative del genere – secondo me – ci sarebbe bisogno anche oggi, giacchè l'offerta di intrattenimento estiva è desolatamente appiattita sulle serate karaoke, officiate sui tavolini all'aperto dei bar, a spese dei poveri residenti del quartiere che, per dormire devono ricorrere ai tappi di sughero. Ma non è di questo che voglio parlare.

Nel punto in cui un tempo sorgeva quell'impianto sportivo, di proprietà del Comune, oggi sorge un imponente edificio, inconfondibilmente privato, il cui piano terra è occupato dalla versione vorrei-ma-non-posso di una bisca.

Mi piacerebbe sapere se, secondo voi, la città sia diventata più ricca e più attraente grazie a questo scambio. Per buon peso ci metterò anche che l'impresa costruttrice, a parziale risarcimento degli impianti sportivi soppressi, ha costruito per il Comune una moderna palestra coperta in località "Regione Vattelapesca". Mai vista.

Ripeto la domanda: la città, nello scambio, ci ha guadagnato o ci ha perso?

Se consideriamo l'aspetto strettamente immobiliare, fra un piazzale sterrato ricoperto di ghiaia e un moderno parcheggio sotterraneo sovrastato da un elegante edificio a quattro piani in stile coloniale, non c'è neppure possibilità di confronto, ma se consideriamo l'utilità dell'area, soprattutto per i giovani concittadini , vi assicuro che io sarei molto più soddisfatto se mio figlio sedicenne nelle sere d'estate andasse a seguire un torneo di basket sotto le stelle, invece che infilarsi in quell'antro a giocare con le slot-machine.

Visto? Cambiamo il punto di vista e cambia il valore delle cose.

Il punto è che - secondo me - dovremmo smettere di usare il denaro come unità di misura di tutto. E quel che è peggio è che ormai non ce ne accorgiamo più. Subiamo inconsapevoli.

I Boy Scout che avevano da almeno trent'anni la sede al “Qualtè” sono stati fatti sloggiare, a favore di una ristrutturazione che probabilmente li terrà lontani da quel sito per sempre. Ma i Boy Scout al centro storico erano anche una bella realtà; uno dei pochi legami rimasti fra i cittadini e la città vecchia, che sta diventando ogni giorno di più una galleria commerciale sovrastata dai Bed & Breakfast.

E i giardinetti di via Tarragona? Sono meglio adesso, con bar-ombrelloni-tavolini, l'mmancabile Karaoke, le panchine in granito e le piante esotiche? O erano meglio prima, con le panchine in cemento, ma almeno i bambini potevano giocare a palla?

Certo, se consideriamo la cifra demenziale (svariati milioni di Euro) spesa dal Comune per infiocchettarli in questo modo, i giardinetti sono più ricchi adesso, ma io non ho dubbi che i ragazzi li preferissero prima. Io li preferivo prima.

Giuseppe Pala ha detto...

A proposito di giuoco d'azzardo, copio e incollo un breve estratto da uno studio del CNR, pubblicato nello scorso gennaio.

"(...) Il giocatore tipo è un maschio, con la licenza media inferiore, che beve alcolici e fuma. Ma la categoria più a rischio è quella dei giovani giocatori, che abusano anche di farmaci come i tranquillanti. (...)"

Per chi volesse approfondire
http://www.cnr.it/cnr/news/CnrNews?IDn=2330

Anonimo ha detto...

Ritengo senz'altro che il cambiamento non sia avvenuto in favore degli interessi di Alghero.

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