20 settembre 2011

Pirati e stelle

Il partito dei pirati, libertario, giovanilista, molto nerd e molto maschile ha avuto un grande successo alle elezioni amministrative di Berlino: è il secondo importante dato politico di quelle elezioni, l’altro è che ha votato circa il 60% degli aventi diritto, sicché la coalizione socialdemocratici-verdi che guiderà la città avrà avuto il voto di poco più del 30% dei berlinesi (stranieri esclusi), ma di questo dato non frega niente a nessuno.

Certo Berlino è una meravigliosa strana città e non fa testo, come non fa testo quel meraviglioso strano paese che è la Svezia dove alle Europee l’omologo partito pirata ha preso più del 7%.

Eppure ..

Eppure c’è una generazione post-ideologica, tosta e indipendente, al passo con i tempi, del tutto aliena dalle vecchie forme della politica, contraddittoria certo, ma sicuramente non succube del pensiero unico neo-liberista. C’è in tutta Europa.

A me mi pare bene, non basta indignarsi è vero, ma loro, oltre a indignarsi, fanno di più, si mettono in gioco.

Poi a me molte loro idee non convincono, soprattutto le molte cose che non vedono, la scarsa attenzione ai processi reali dell’economia, le semplificazioni. Ma questi sono un po’ fatti miei.

Per questo guardo con attenzione, aldilà del loro insopportabile leader, al movimento 5* e a Torino, Rimini e (forse) a Bologna li avrei votati.

Iscrivermi no, non ci ho mai pensato e quindi come scelgono le regole di iscrizione non mi riguarda.

Solo un aneddoto però. Avevo vent’anni, ero extraparlamentare, vivevo come fuori sede in un appartamento fatiscente vicino al centro di Bologna, ero un po’ coglione e il sabato sera me la spassavo (cercavo di ...) e tornavo tardi.

Ogni cazzo di mattina della domenica verso le 8.30, un vecchio compagno, iscritto al PCI, ex-partigiano, pensionato della Buton, suonava per vendere L’Unità. Iniziava dalla nostra casa, la stessa in cui lui abitava il giro di diffusione. Io e i miei conviventi cercavamo di convincerlo a lasciarci il giornale sotto la porta che glielo pagavamo in anticipo, ma lui no, diceva che dovevamo discutere, vederci in faccia.

Questo compagno è morto prima di vedere la morte del suo partito, parecchio prima. Dalla sua militanza non ha ricavato una lira, ne ha speso molte e ha avuto problemi nel lavoro. Ma se fosse vivo, se fosse ancora iscritto al PD (temo che sarebbe rimasto lì piuttosto che fare quella che avrebbe pensato essere una scissione) lo potremmo considerare un indesiderabile perché era iscritto a un partito? Qualcuno avrebbe il coraggio di pensarlo?

Accanto ai ladri, ai profittatori, ai carrieristi che c’erano e ci sono in tutti i partiti (in alcuni meno che in altri, molto meno!), ci sono in tutti i partiti persone per bene, che credono nell'impegno e nelle loro idee a che alla politica hanno dato più di quanto hanno ricevuto (in alcuni meno che in altri, molto meno!).

O no?


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